Il Noachismo e i precetti noachidi
Il patto stabilito da D_o con Noè precede universalmente il patto con Abramo. Sono come due cerchi concentrici nel disegno divino: un patto universale con l’umanità, auspicando che si comporti bene, ed un patto speciale con il popolo di Israele, più impegnativo.
Il pensiero ebraico ha elaborato, riguardo al patto e alle caratteristiche dei Noachidi, tutta una teoria di notevole significato, denominata comunemente Noachismo.
L’elaborazione della teoria è nella Mishnà, nel Talmud, in altri scritti della tradizione, in Maimonide, nel pensiero ebraico successivo, specialmente in Elia Benamozegh, di cui tratterò più in là.
Il sentimento del bene e la moralità sono attitudini di base, ma il pensiero ebraico ha fissato alcune norme essenziali di comportamento, con i precetti noachidi, numerati in sette punti, di cui ognuno con articolate trattazioni:
Tribunali: istituire un sistema giuridico e giudiziario
Benedizione del Nome di D_o, inteso almeno nel senso di non bestemmiarlo
Culto estraneo, astenersi dall’idolatria
Versamento di sangue, non uccidere
Scoprimento delle nudità, incesto, adulterio con donna sposata
Non depredare, non rubare
Divieto di cibarsi di membra staccate da animale vivo
Mi soffermo sul particolare precetto noachide del non cibarsi di membra di animali vivi, che può apparire strano o atipico.
Ci deve essere stata, nel formularlo, cognizione di usi, probabilmente collegati a determinati culti, di amputazione di membra di animali ingerendone la carne forse cruda, o di sbranamento di animali. Segnalo un’opera dell’antropologo e psicologo junghiano Robert Eisler (1882 – 1949), uscita di recente in edizione italiana, intitolata Uomo lupo. Saggio sul sadismo, il masochismo e la licantropia (Medusa, 2011). Rammenta il mito classico delle menadi, le quali, invasate, giungevano a sbranare animali vivi, e menziona una confraternita marocchina Isawaja, i cui adepti, in stato di mistica eccitazione, sarebbero analogamente giunti a fare a pezzi a morsi animali vivi. Eisler esplora queste zone crudelmente abnormi degli impulsi umani nel quadro concettuale di una teoria per cui parte dell’umanità, almeno in certi stati mentali, non cerca tanto l’utile o il piacere quanto le sensazioni forti e terribili.
I nazisti, nel corso della shoah, hanno fatto sbranare nostri simili e fratelli da cani feroci appositamente aizzati. Vi sono tuttora turisti in paesi esotici, almeno prima dell’attuale pandemia, che comprano animali, appositamente venduti, per vederli sbranare dalle tigri.
Mentre viene proibito, per giusta norma noachide di mutilare l’animale, per mangiarne una parte, è stato ammessa, con svolta nella Bibbia, l’alimentazione carnea, previa uccisione degli animali, con dettagliate regole (la shekità). Infatti, all’inizio del capitolo 9, quando D_o benedice Noè e i familiari usciti dall’arca, la benedizione è subito seguita dalla nuova messa a disposizione degli animali a scopo alimentare, soltanto con la limitazione di non cibarsi del sangue, perché nel sangue ha sede la vita. – «Ogni essere che è vivo vi servirà di cibo, unitamente alle verdure, io vi do tutto. Ma non mangerete carne nella vitalità del suo sangue» – e, sulla base proibitiva del sangue, dal rapporto con gli animali il Signore passa alla proibizione e condanna dell’omicidio. Se dell’animale si versa il sangue per non cibarsene, del proprio simile umano non si deve versare il sangue in alcun modo, «perché D_o fece l’uomo ad immagine propria».
D_o chiederà conto del sangue umano versato ed implicitamente, al versetto 6 del capitolo 9 della Genesi, ammonisce che chi versa il sangue dell’uomo subirà il versamento del suo sangue per mano dell’uomo. Ciò implica l’ammissione della pena capitale o della vendetta familiare o tribale a carico dell’omicida, con le limitazioni che poi seguiranno nel codice mosaico, in particolare a tutela di omicidi preterintenzionali, con riparo nelle città di rifugio. Ci è voluto molto cammino di civiltà per giungere, in parti progredite del mondo, a superare la pena di morte. La Toscana leopoldina ha il primato.
I precetti noachidi, che l’elaborazione successiva ha ricavato dalla premessa biblica, appaiono pochi ed essenziali, ma ognuno di essi costituisce soltanto una obbligazione di principio, che dà luogo a problemi di interpretazione, nell’applicazione, più o meno estensiva, a comportamenti ascrivibili sotto le rispettive categorie generali, cominciando dal divieto di idolatria. La categoria Dinim (regole) implica un ordinamento giuridico con un codice di leggi, che presuppone, a sua volta, un consorzio civile e una costituzione politica.
Maimonide chiede ai noachidi non solo di osservare i precetti stabiliti per essi, ma di rendersi conto che sono ispirati da Dio per il patto stretto con Noè.
Il pensiero ebraico sui Bené Noah (figli di Noè) si è incontrato con le dottrine del diritto naturale e della religione naturale. Il giurista e politico inglese John Selden (1584-1654), teorico del diritto naturale e promotore della Petition of rights, stimò la dottrina noachide e pubblicò nel 1640 il libro De iure naturali et gentium iuxta disciplinam Hebraeorum.
Il rabbino e teologo Elia Benamozegh (1823-1900) si è occupato largamente del Noachismo e dei problemi connessi, giungendo a teorizzare una diffusione ebraica del Noachismo, come religione naturale universale. Uno stimolo in tal senso veniva a Benamozegh dalla preoccupazione per la crisi del sentimento religioso nell’età del positivismo e della secolarizzazione. Non proponeva un proselitismo ebraico, perché gli ebrei dovevano restare nel ruolo speciale di popolo sacerdotale, ma una sorta di proselitismo noachide mosso da una iniziativa ebraica.
Seguace di Benamozegh ed apostolo del Noachismo è stato Aimé Pallière, di nascita cristiana e vicino all’Ebraismo (1875-1949), autore dell’opera Le Sanctuaire inconnu (edito in italiano da Marietti a cura di Marco Morselli). Pallière ha ordinato e curato, postuma, la pubblicazione dell’opera di Benamozegh, Israele e l’umanità, che tratta il noachismo e la sua riproposta (Marietti, 1990).
A Pisa si è professato noachide il professor Carlo Giuseppe Lapusata, che ho conosciuto da vicino, autore del libro L’ebreo non ebreo. Israele incirconciso (edizioni TEP, 1996). Negli atti del convegno che si tenne a Livorno nel centenario della morte di Benamozegh, la professoressa Catherine Poujol tenne la relazione intitolata: Quelle actualité pour le Noachisme? Sectes, fondamentalisme, antisemitisme: in Per Elia Benamozegh, cura di Alessandro Guetta, Milano, Thalassa de Paz, 2001. Dello stesso Benamozegh, Israele e l’Umanità. Studio sul problema della religione universale, presentazione di Martin Cunz, traduzione dal francese di Marco Morselli, Genova, Marietti, 1990.
Un sito noachide (www.benenoach.info) è diretto attualmente, con successo di contatti e adesioni, dal dottor Daniele Massimi, che, tra altri testi, trasmette questo commento biblico.
Tratto dal commento biblico settimanale del Prof. Bruno Di Porto che ringraziamo. (www.mevakshederekh.info)