Come la Scienza del Razzismo ha portato all’Olocausto

Come la Scienza del Razzismo ha portato all’Olocausto

La guerra contro l’immagine divina nell’uomo

di Tzvi Freeman

L’Olocausto è comunemente considerato una rivolta contro la ragione, l’esempio ultimo dell’irrazionalità, progettato ed eseguito da persone patologicamente pazze.  L’Olocausto tuttavia non fu la conseguenza del rovesciamento della ragione, bensì del suo trionfo sulla morale. Permise a una visione scientifica – quella che Hitler denominava “logica ghiacciata” – di giustificare l’omicidio in scala industriale.

— William Tucker, The Science and Politics of Racial Research

La Germania, il paese più avanzato nelle scienze, nella filosofia e nell’etica laica, si degradò in pochi anni fino a commettere terribili atti di disumanità. La ragione di tutto ciò fu che la civiltà tedesca non era consapevole dell’esistenza di un Creatore e Signore del mondo.1

— Rabbino Menachem M. Schneerson

Essenzialmente, l’essere umano percepisce la sacralità della vita, sia la propria che quella altrui. Ma l’essere umano è pure un essere sociale, e come tale si dedica con entusiasmo a difendere le idee più in voga. In questo frangente, sovente sacrifica non solo la sacralità del proprio io, ma ancora più facilmente, quella di coloro che si trovano al di fuori della propria comunità.

In nessun momento storico questa lotta tra l’individuo e comunità culmino più ferocemente che durante il secolo scorso: dall’ascesa del fascismo, al programma di pulizia razziale della Germania nazista, fino all’Olocausto. Quello che dobbiamo dunque fare è raccogliere i cocci rotti della nostra civiltà, esaminarli bene e domandarci: Siamo capaci di fondare e gestire una società in cui ogni vita individuale è sacra, per adesso e per sempre? La nostra civiltà si può fondare solo sulla ragione? O dobbiamo accettare la santità della vita come un dogma indiscutibile, un assioma che nessuno deve manomettere?

La nascita della dignità umana

Fu nell’epoca illuminista nel XVII secolo, che la dignità della vita umana iniziò a essere coltivata. Al centro di questo dibattito c’era la Bibbia. Può sembrare strano, ma per il mondo non-ebraico, la Bibbia era una novità. Era stata tradotta in lingua volgare recentemente, e solo da poco le persone colte la consideravano una sorgente di idee politiche. Nelle opere di Locke, Hobbes, Harrington, Selden, Grotius, Cuneaus, Leibniz e altri luminari dell’epoca, la Bibbia ebraica fu di gran lunga il testo più citato.2

Questi furono tempi di grandi sconvolgimenti sociali, del primo regicidio della storia (Carlo I d’Inghilterra) e dei tentativi di governare nazioni senza re (sia in Inghilterra che nei Paesi Bassi). Il conflitto tra “il diritto divino dei re” e ciò che più tardi divenne noto come diritti umani era al suo apice. Fu un secolo che conosciamo ancora oggi per la sua profusione di brillanti pensatori. E fu allora che ciò che invitava quelle grandi menti dall’antico testo ebraico giunse a maturazione:

Lì trovarono l’affermazione che ogni essere umano porta l’immagine divina del suo Creatore, cosicché l’assassinio o l’oppressione di uno qualsiasi di loro è un assalto contro Dio; che le levatrici in Egitto sono ricompensate da Dio per aver disobbedito al crudele comando del loro re; il popolo di Dio era costituita da tutto il popolo, non solo dal re, e che entrava in un’alleanza con Dio; ogni essere ha un diritto divino alla proprietà; il povero grida e Dio lo ascolta; anche il re deve sottomettersi alla legge; il re è il servo del popolo; tutti sono uguali davanti alla legge; anche un re può essere processato e punito dalla legge.

Molti di coloro perseguitati per diffondere queste rivelazioni sono stati costretti a lasciare la loro terra. Hanno attraversato l’oceano e seminato i loro ideali in un territorio che i tiranni non avevano mai calpestato. Alla fine, quando dichiararono la loro indipendenza, scrissero queste parole:

 “Noi riteniamo che queste verità siano evidenti, che tutti gli uomini sono creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili. . .

Parole coraggiose, ma sconcertanti: La frase sembra incoerente. Cosa c’è di “evidente” riguardo all’uguaglianza degli uomini? E se è evidente, perché dovremmo fare riferimento al loro Creatore?

In effetti, questa frase mette a luce un conflitto profondo tra due menti con valori molto diversi. La bozza originale è stata scritta da Thomas Jefferson. Le parole che usò erano “sacre e innegabili”. Fu molto probabilmente Benjamin Franklin il quale cancellò quella frase con “evidente ” 3.

La distinzione è assurda. Ciò che è evidente si trova precariamente in balìa della ragione umana, del capriccio e del desiderio. Ciò che è sacro è inconfutabile.  John Locke, il filosofo preferito di Jefferson, era profondamente consapevole di questo pericolo. In una nota scarabocchiata a se stesso, con prescienza inquietante, Locke aveva osservò:

“Se l’uomo fosse indipendente, non potrebbe avere nessuna legge se non la sua volontà, nessun fine se non se stesso. Sarebbe un dio per se stesso e la soddisfazione della propria volontà sarebbe stata la misura e il metro di tutte le sue azioni.”

Ma Franklin fu più impressionato dal suo amico scozzese David Hume. Per Hume, la ragione ha sempre ragione. Questo sembra abbastanza ragionevole. Tuttavia la storia dei secoli successivi dimostra, che la ragione e la ragione umana non sono necessariamente sinonimi.

Al di là dell’Atlantico, dove il sacro era sinonimo di disprezzabile dogma religioso, la ragione umana aveva già respinto i concetti su cui si fondava la sacralità di Jefferson. Voltaire, il grande umanista e cinico, non poteva scriverlo più chiaramente:

È una questione seria se gli africani discendono da scimmie o se le scimmie discendono da loro. I nostri saggi hanno detto che l’uomo è stato creato a immagine di Dio. Ora ecco una bella immagine del Divino Creatore: un naso piatto e nero con poca o nessuna intelligenza.” 4

L’umanità era già troppo intelligente per il suo Creatore.

Alcuni meno uguali di altri

Nel Nuovo Mondo, la prima prova dell’uguaglianza di tutta l’umanità è stata, ovviamente, la schiavitù.5 La schiavitù coloniale del XVIII secolo è stata probabilmente la più brutale della storia. In Inghilterra, William Wilberforce, un devoto quacchero, combatté con perseveranza per bandire la tratta degli schiavi in tutto l’impero britannico. Eppure, in America, tutti i padri della rivoluzione possedevano degli schiavi. Gli abolizionisti perseguirono la loro causa sia per motivi religiosi che con riferimento alla Dichiarazione d’Indipendenza. Eppure il Sud agricolo non poteva permettersi di rinunciare ai propri schiavi, e il Nord industrializzato non poteva immaginare di trattare i neri come persone uguali ai bianchi.

La mente umana non può vivere troppo a lungo con questa dissonanza cognitiva, e così è stato introdotto un escamotage: affermare che i neri non erano stati creati allo stesso modo degli altri.

Nel caso in cui ci fosse un dubbio sulla definizione di “ovvio“, un attivista a favore della schiavitù fece il seguente ragionamento. “Se questo non è vero“, proclamò, “la schiavitù americana è una mostruosa malvagità!6

Nel secolo XIX, la scienza si precipitò a proporre il darwinismo sociale per giustificare la schiavitù. Misurazioni scientifiche effettuate su crani provenienti da ogni parte del globo, produssero risultati raccolti, pubblicati e accettati da tutti gli uomini di scienza: I neri non appartenevano alla stessa razza dei loro padroni. Se lo erano, non erano “allo stesso stadio evolutivo”. Era dunque ovvio, secondo gli scienziati, che alcuni uomini sono meno evoluti di altri. E dunque, meno uguali di altri.

E così, l’ovvio trionfò ancora una volta sul sacro.

Nel XX secolo, l’attenzione di tali studi si spostò dai neri che abitavano in America agli europei che sbarcavano nei suoi porti. Psicologi e scienziati sociali si precipitarono al lavoro, desiderosi di conquistare per le proprie discipline lo status di vere e proprie scienze naturali.

In un mondo progressista, dichiararono, la scienza deve sostituire la religione per misurare il valore dell’essere umano. Robert Yerkes, un noto psicologo di Harvard, assicurò al pubblico che la psicometria era sufficientemente avanzata per questo compito. Scrivendo nella rivista Atlantic Monthly, dichiarò che “l’uomo è misurabile quanto una barra d’acciaio“. “Infatti, conclude Yerkes, anche “il valore dell’uomo potrebbe essere valutato7 .

E queste valutazioni furono fatte. Studi psicometrici a Ellis Island, dove approdavanto la maggioranza degli immigrant europei negli Stati Uniti, dimostrarono che l’83% degli ebrei, l’80% degli ungheresi, il 79% degli italiani e l’87% dei russi erano “deboli di mente“, termine allora popolare per coloro che non erano in grado di fare scelte intelligenti. E la debolezza mentale, fu assicurato, è un tratto ereditario che nessuna istruzione può modificare.

Dati alla mano, uomini di scienza lanciarono un attacco frontale contro le sciocche nozioni religiose che avevano indiscriminatamente aperto le porte dell’America agli immigranti e fornito loro istruzione e il diritto a votare. Fino ad ora, l’industria dell’eugenetica e del darwinismo sociale serviva semplicemente a fornire eccezioni alla regola. La democrazia stessa divenne ora l’obbiettivo di attacchi scientifici.

La Dichiarazione d’Indipendenza doveva quindi essere calpestata alla stregua di altre teorie scientifiche superate. Chi più di James McKeen Cattell, il primo psicologo ad esplorare i test cognitivi e a coniare il termine “test psicometrico“? Nel suo necrologio del New York Times, Cattel venne proclamato il “decano della scienza americana”. Nell’autorevole Scientific Monthly, di cui è stato fondatore ed editore, ha dichiarato che tutte le istituzioni sociali e politiche devono essere “basate sulle verità determinate dalla scienza“, e “nessun sistema sociale, nessuna teoria politica….. può essere sostenuta quando non è in accordo con la scienza“. 

La Dichiarazione d’Indipendenza doveva quindi essere onorata allo stesso modo di altre teorie scientifiche superate – “come i cadaveri sui quali avanziamo8 .

Quali sono state le nuove verità determinate dalla scienza? Che l’intelligenza, il carattere morale e il potenziale di un individuo di contribuire alla società sono determinati fin dalla nascita, principalmente in base alla razza, e che era inutile aspettarsi di cambiare tali questioni attraverso l’educazione come lo era trasformare una brunetta in una bionda. Difficilmente una voce della comunità scientifica o intellettuale ha protestato. G. K. Chesterton si distinse come voce solitaria, una grande eccezione assieme al suo buon amico, George Bernard Shaw. Ma il suo dissenso si basava principalmente su valori morali religiosi. In America le uniche voci di protesta ad essere ascoltate nel mondo accademico furono voci ebraiche.

La Grande Razza

Madison Grant scrisse nel 1916, The Passing of the Great Race (Il Tramonto della Grande Razza). Grant fu forse il primo conservatore naturale: è stato definito “il più grande conservatore che sia mai vissuto“, fondando lo Zoo del Bronx e la New York Zoological Society. Ha combattuto al fianco di Theodore Roosevelt per preservare le sequoie californiane e i bisonti americani. Eppure oggi è poco menzionato dagli scienziati, che si vergognano giustamente dei suoi contributi più esecrabili. Non soddisfatto della conservazione delle specie animali, Grant si preoccupava anche di preservare la purezza razziale dell’America.

Fu Madison Grant che classificò per primo la razza caucasica in tre categorie:

  •     I nordici, la “grande razza” dei giganti dai capelli biondi e dagli occhi azzurri.
  •     Gli Alpini, che dominano gran parte dell’Europa centrale e orientale fino all’Asia.
  •     I Mediterranei.

L’America era un grande paese, spiegava Grant, perché era principalmente nordico. Ma i popoli nordici d’Europa erano stati inquinati da un’ibridazione con le altre due sotto-razze di gran lunga inferiori. La Germania, ad esempio, era stata completamente brutalizzata da contadini “alpini” durante la Guerra dei Trent’anni, e solo di recente l’aristocrazia nordica aveva cominciato a riaffermarsi. Ma l’America era in grande pericolo, con il crescente afflusso di razze “senza valore”. Il rimedio necessario erano rigorose quote di immigrazione, la sterilizzazione dei più deboli, e ghetti per i non-nordici, insieme a restrizioni per i matrimonio misti.

Il Tramonto della Grande Razza pare oggi un’opera di ciarlataneria. Ciò che rende ancora più sorprendente sapere quanto credito godesse presso i maggiori scienziati del suo tempo. L’introduzione è stata scritta da Henry Fairfield Osborn dell’American Museum of Natural History, uno dei più influenti paleontologi e geologi americani. Sì, ci furono recensioni critiche, ma, come ha detto uno scienziato, “solo in riviste non scientifiche” (e di nuovo da persone “prevenute”). La Yale Review ha riassunto brevemente la “lezione di biologia” di Grant, avvertendo l’America dei pericoli dei suoi “feticci di uguaglianza, democrazia ed educazione universale”, concludendo che “dobbiamo rivvedere drasticamente la nostra politica di immigrazione”.

Grant ottenne tutti e tre i suoi desideri: La legislazione per la sterilizzazione obbligatoria era già stata approvata in alcuni stati e ora fu accelerata, cosicché tra il 1907 e il 1963, oltre 64.000 americani sono stati sterilizzati forzatamente – prevalentemente aborigeni, neri e immigrati. L’ultima sterilizzazione forzata in America è stata effettuata nel 1983. Dal 1913 al 1948, trenta Stati dell’Unione applicarono leggi anti-miscegenazione.

E nel 1924, dopo ampie testimonianze di genetisti e scienziati sociali, il Congresso chiuse le porte di Ellis Island “alle masse stanche, povere e ammucchiate” con restrizioni di quote che riflettevano le raccomandazioni di Grant. Gli eugenetisti americani ebbero persino l’opportunità di contribuire direttamente alla causa nazista: Nel 1939, quando quasi un migliaio di ebrei tedeschi aspettarono il loro riscatto nella terra della libertà, Harry Laughlin, segretario della “Eugenics Society”, testimoniò davanti al Congresso che queste quote dovevano essere ridotte del 60%, e raccomandò addirittura che alcuni immigrati che avevano ottenuto la cittadinanza fossero denaturalizzati e deportati. La nave restitui il suo carico al continente della Soluzione Finale.

Ritorno in Europa

Mentre l’America rinunciava ai suoi valori fondanti, gran parte della società europea stava vivendo una propria forma di regressione sociale. Mentre la tecnologia avanzava, le città crescevano e il commercio fioriva, l’aristocrazia e le masse desideravano un ritorno all’ordine e all’autorità perduta con la fine del feudalesimo. In Europa, era molto più facile promuovere l’idea che il bene della società deve prevalere sui diritti dell’individuo.

La cultura prussiana, in particolare, era attratta da queste nozioni. Nel 1904, Ernst Haeckel, uno dei biologi tedeschi più influenti, sostenne apertamente la distruzione dei neonati malati e l’eliminazione, attraverso un veleno indolore e rapido, di quelle “vite assolutamente inutili” che costituivano un “peso” per la società. Nello stesso anno fu costituita la “società per l’igiene razziale”, che si affermò rapidamente come una delle organizzazioni più prestigiose della Germania, includendo tra i suoi membri alcuni dei più illustri scienziati e medici del paese.

Ma fu solo con l’ascesa del Terzo Reich che le scienze sociali americane si trovarono ad essere messe in pratica sul suolo europeo. Il libro di Grant fu riconosciuto da Hitler come “la sua Bibbia”, in una lettera di ringraziamento scritta personalmente a Grant. Hans Gunther, un antropologo sociale, aveva tradotto il testo e con esso aveva gettato le basi scientifiche della teoria razziale nazista.

Il nazionalsocialismo trovò che il vecchio modello di assistenza medica, in cui i medici si occupavano principalmente del benessere individuale dei loro paziente, non era scientifico. La visione più scientificamente illuminata detterebbe che lo scopo principale della medicina deve essere il miglioramento della salute genetica della popolazione, ciò che ovviamente esigerebbe negare l’assistenza medica, e persino il diritto alla vita, agli individui deboli. Secondo le stime di alcuni scienziati, un terzo della popolazione tedesca non meritava assistenza medica.

Lo studio del 1929 di Gosney e Popenoe, due medici americani altamente influenti, “Sterilizazzione per il Miglioramento Umano”: Un riassunto dei risultati di 6.000 operazioni in California, è stato ampiamente citato dal governo nazista come prova che i programmi di sterilizzazione di ampia portata erano fattibili e umani. Popenoe stesso ha rivisto il programma di sterilizzazione nazista e, citando ampiamente da Mein Kampf, lo ha giudicato “una politica che si accorda con il miglior pensiero degli eugenicisti in tutti i paesi civili”. Dopo la guerra, nei processi di Norimberga, i medici hanno citato i programmi americani come ispirazione per i propri.

La sterilizzazione è stata molto più rapida in Germania che in America – oltre 40.000 nel primo anno. Ma anche questa cifra non venne ritenuta suficiente, visto l’enorme drenaggio sulle scarse risorse tedesche di “parassiti umani”. Un programma di eutanasia è stato istituito, iniziando inizialmente con bambini al di sotto dei tre anni, per poi aumentare fino a diciassette anni. La lista delle malattie che qualificavano i candidato inoltre si estese, includendo patologie come la pipì nel letto fino ai problemi a scuola.

Omicidio, in stile umanitario

La verità che ci fissa freddamente in faccia, la verità che tutti desideriamo disperatamente ignorare, è che i peggiori orrori del nazismo non solo sono stati razionalizzati, ma furono alimentati dalla devozione della Germania ad un’etica della ragione. La Germania era una terra dove – come ha notato Hannah Arendt – anche una mezza arguzia come Adolf Eichmann poteva citare ed elaborare con la massima chiarezza l’imperativo morale kantiano. È una terra che, più di ogni altra nazione, da Lutero a Kant, da Nietzche a Nietzche a Heidegger ai fratelli Grimm, riuscì a calibrare con la precisione dell’artigiano tedesco ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E fu questo strumento, più di ogni altra tecnologia tedesca, che ha permesso a bravi uomini e donne di commettere i crimini più orrendi contro l’umanità.

Konrad Lorenz era un amante degli animali fin da giovane, in seguito chiamato “il padre dell’etologia” – e premiato con un premio Nobel per il suo lavoro. Leggendo le sue opere, si è colpiti dalla sua sensibilità e profondità di carattere. Dopo la guerra era noto per il suo attivismo ambientale. Prima e durante la guerra, tuttavia, fu membro del partito nazista. In un saggio del 1940, ha fornito forse l’analogia più eloquente per l’attuazione di una “drastica” pulizia razziale:

Da un lato, corpi con un tumore canceroso, dall’altro, un popolo con individui inadatti tra loro. Proprio come nel cancro . . . il miglior trattamento è il più presto possibile il riconoscimento e lo sradicamento della crescita il più rapidamente possibile, la difesa igienico razziale contro gli elementi geneticamente afflitti deve essere limitata a misure altrettanto drastiche.

Nella sua autobiografia, Lorenz razionalizzò il suo sostegno e quello dei suoi colleghi con analoga eleganza, evitando convenientemente la parola “drastica”: “Nessuno di noi sospettava che la parola “selezione”, quando usata da quei governanti, significasse omicidio”.

Queste parole sembrano farsesche, eppure Lorenz parla seriamente per se stesso e per molti dei suoi colleghi. Nella sua opera classica, The Nazi Doctors, Robert Lifton parla dell’idealismo e della dedizione di molti di coloro che hanno partecipato al programma di eutanasia. Non è stato uno spirito di crudeltà, certo non di irrazionalità, a guidare questi uomini, scrive, ma al contrario, “ma un culto della razionalità medico-scientifica”.

Karl Brandt, per esempio, era il medico personale di Hitler e direttore dei programmi di eutanasia. Eppure il Fuhrer fu solo il suo secondo modello di vita. Albert Schweitzer, il missionario tedesco che aveva fatto una religione di “riverenza per la vita” e che aveva lasciato la sua comoda casa per fornire cure mediche in Congo, era stato il suo primo modello. La Germania non aveva accettato lo spirito di Albert Schweitzer.

Nel primo capitolo del suo lavoro di esplorazione della violenza umana, A Sign For Cain, Fredric Wertham fornisce uno degli studi più approfonditi sulla psicologia dei medici nazisti. Un episodio riassume tutto:

In un istituto psichiatrico si tenne una cerimonia speciale per celebrare la cremazione del decimillesimo paziente. Tutti i membri dello staff, dai medici alle segretarie, hanno festeggiato l’occasione con una birra. Il capo di questa istituzione, che aveva aperto personalmente i contenitori di gas che hanno ucciso molti bambini e altri pazienti, ha riconosciuto di essere “lacerato” dall’agonia delle sue vittime, ma, ha continuato, “rassicurato per sapere quali eminenti scienziati hanno partecipato all’azione “9.

Né la scienza né l’etica tedesca hanno creato l’Olocausto, così come la tecnologia non causa la guerra. Ma la scienza e l’etica tedesca furono volenterose collaboratrici. Scienziati, filosofi, uomini di ragione e di alti principi hanno fornito i mezzi, la logica e la giustificazione morale che hanno permesso a individui morali di commettere atti indicibilmente immorali.

Come siamo arrivati a oggi

Non è stato il progresso scientifico, ma l’oltraggio crudo e umano a ripudiarlo; non la ragione, ma l’indignazione per le leggi di Norimberga e la Kristallnacht che prevalse. Fu solo dopo che il mondo vide le immagini di Auschwitz e Buchenwald che gli scienziati, gradualmente e con riluttanza, cominciarono a vagliare i difetti del razzismo scientifico. Fu solo dopo I processi di Norimberga che fu stabilito il “Codice di Norimberga”, che ancora oggi costituisce il fondamento universale per limitare la sperimentazione scientifica su soggetti umani.

Nel 1948, in risposta agli orrori rivelati attraverso questi processi, la Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite ha trasformato le convinzione di Jefferson in una dichiarazione per la comunità globale, nel suo primo articolo:

    Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e coscienza e dovrebbero agire gli uni verso gli altri in uno spirito di fratellanza.

È difficile contestare l’idea che il movimento per i diritti civili in America sia stato il movimento sociale più influente e di maggior successo del nostro tempo. Esso non è nato in laboratorio, non nelle aule del mondo accademico, ma nelle parole infuocate dei predicatori, citando le parole della Bibbia e della Dichiarazione d’Indipendenza, insegnando al loro gregge che “siamo tutti figli di Dio” e cantando inni comunitari nei cui i neri si paragonano ai figli di Israele che lasciano la terra d’Egitto. I suoi leader non erano scienziati, non professori, ma battisti neri profondamente religiosi ed ebrei indignati dall’Olocausto.

Non c’era mai nulla di evidente sull’uguaglianza umana o sulla riverenza della vita. Ciò che è più evidente è come siamo tutti diversi. Oggi il nostro incredibile mondo di sette miliardi di esseri umani che condividono un unico pianeta vive solo grazie a coloro che considerano questi valori sacri e innegabili, nonostante le nostre differenze. Ed è così che deve essere. La vita deve essere ritenuta sacra, al di là della ragione.

Che cosa abbiamo imparato?

Sul palcoscenico della storia partecipano le emozioni più profonde della psiche umana: Sono davvero qui come persona o sono solo un altro ingranaggio in una grande ruota? Ho valore a titolo personale o solo in base al mio contributo sociale? Sono qui per servire il bene generale, oppure la società deve fornirmi le risorse per fiorire? Forse tutta la storia dell’umanità può essere letta come una lotta tra l’essere umano e l’umanità; tra la dignità dell’individuo e il trionfo di istituzioni che calpestano la la dignità di coloro che le costituiscono.

L’etica si sgretola quando è alla portata dell’uomo

Nel secolo scorso, ci furono uomini e donne che credevano che queste domande potessero essere risolte dalla scienza – e la loro voce fu udita sia dai legislatori che dalle masse. Oggi risulta palesemente evidente che l’etica non si osserva nei laboratori, non si misura con un calibro e non si pesa su una bilancia. L’essere umano non può determinare i confine etici autonomamente. Non diamo la vita e non siamo in grado di misurarne il valore.

La lezione è universale: Abbiamo visto in prima persona come l’etica si sgretola quando è alla portata dell’uomo: più stretta è la presa, più devastante è la disintegrazione. L’etica deve sorgere da una fonte completamente diversa: Deve essere sancita da una autorità superiore alla soggettività umana.

Molti scienziati sociali, teorici politici, psicologi, biologi e persino educatori hanno razionalizzato l’eliminazione degli individui deboli negli interessi della società. Devo ancora trovare un’unica logica laica che pone il diritto alla vita di ogni singolo individuo al di sopra della convenienza della comunità, come ci insegna di fare il diritto ebraico. Eppure il secolo scorso ci insegna fin troppo bene che la società che guerreggia contro l’immagine di Dio nell’uomo fa guerra contro se stessa, mentre la società che ha a cuore questa imagine divina dell’essere umano fiorisce.  

Gli orrori del secolo scorso insegnano dunque che il rispetto per la santità della vita è la premessa di un mondo in cui ognuno di noi possa prosperare e vivere la propria vita in pace e armonia.

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Note

1. Hitvaaduyot 5743, vol. 2, p. 900 (da una conferenza del 24 gennaio 1983).

2. Due eccellenti libri recenti su questo argomento: Ebraismo politico: Judaic Sources in Early Modern Political Thought, a cura di Schochet, Salzberger and Jones, Shalem Press, 2008 (vedi in particolare Salzberger su Locke); The Hebrew Republic: Jewish Sources and the Transformation of European Political Thought, Eric Nelson, Harvard University Press, 2011.

3. Questa è l’affermazione di Walter Isaacson nella sua biografia di Franklin. Pone la possibilità che Franklin prendesse in prestito un concetto razionalista dal suo amico scozzese David Hume, mentre Jefferson tendeva di più verso John Locke. Altri sostengono che la correzione è visibilmente nelle mani di Jefferson.

4. Voltaire, Les Lettres d’Amabed (1769), Septième Lettre d’Amabed.

5. Per una discussione sull’istituzione della schiavitù nella Torah e nella tradizione ebraica, vedere Torah, Slavery and the Jews – The Slow End of Slavery, e vedere Maimonides e Slavery.

6. Citato in W. S. Jenkins, Pro-slavery Thought in the Old South (Gloucester, Mass.: Peter Smith, 1960), 244.

7. R.M. Yerkes, “Testing the Human Mind”, Atlantic Monthly, marzo 1923, 367, 370.

8. James M. Cattell, “Science, the Declaration, Democracy”, Scientific Journal 24 (1927): 201-2.

9. Fredric Wertham, A sign for Cain 157, 160.

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Copyright e tradotto con il permesso di Chabad.org

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